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In un articolo di qualche giorno fa Roberto D’Alimonte ha sostenuto che le elezioni amministrative del maggio scorso “assomigliano per certi aspetti alle elezioni regionali del 2005.
Allora il centrosinistra vinse 12 regioni su 14 e gettò le basi della vittoria politica del 2006. Ma fu una vittoria di Pirro. Il centrodestra riuscì a recuperare riportando a votare i suoi elettori delusi, quelli che in queste comunali sono rimasti a casa.
Per questo la partita decisiva è ancora tutta da giocare. E per vincerla il centrosinistra dovrà mettere in campo una proposta convincente” per affrontare la crisi economica, politica e istituzionale di cui gli italiani sembrano peraltro essersi finalmente accorti. Il centrodestra perde alle ultime elezioni amministrative un pezzo del suo blocco sociale di riferimento, gli elettori escono dallo stato di assuefazione e, alle prese con una grave crisi sociale, esprimono una domanda di tipo socialdemocratico: più potere di acquisto per retribuzioni e pensioni, più servizi, più Stato. Ma alle preoccupazioni realistiche di D’Alimonte si può contrapporre la considerazione certamente più ottimistica che la fine di un ciclo sia comunque iniziata. Molti sono i segnali in questa direzione.
Per la verità noi socialisti lo avevamo previsto per tempo: il sistema prima o poi si sarebbe piegato e con lui sarebbe entrato in crisi sia il bipolarismo personalizzato sia quel modello bipartitico nel quale molti avevano creduto e lavorato. In attesa di quel momento, in tutti questi anni, abbiamo fatto resistenza, salvaguardando la nostra identità, consapevoli della necessità di essere ancora in piedi nel momento in cui il sistema politico sarebbe stato travolto dalla crisi istituzionale.
Ed è proprio su questo punto che si misurerà nei prossimi mesi la credibilità delle forze del centrosinistra. Se sapranno rispondere alla crisi con proposte coraggiose otterranno la credibilità che vanno cercando, altrimenti il pericolo del riflusso verso la destra sarà reale.
Il primo banco di prova è la questione elettorale per cambiare la legge esistente che per fortuna la maggioranza degli italiani inizia a percepire come una vera e propria “porcata”. Una legge elettorale che consente la formazione di maggioranze parlamentari non corrispondenti alla maggioranza degli elettori e quindi al voto popolare. Una legge che così facendo ha sfregiato la Costituzione nel punto più delicato della democrazia parlamentare, stravolgendo l’equilibrio tra i poteri. Ma soprattutto una legge che ha tolto ai cittadini il diritto di scegliere gli eletti e quindi i propri rappresentanti, consegnando ai segretari dei partiti il potere di nomina dei parlamentari.
Cosa si può fare? Di fronte al silenzio del parlamento, si può intervenire con lo strumento del referendum popolare. Contando su quel bisogno di partecipazione popolare che le ultime elezioni amministrative hanno saputo mettere in campo. Affiancando all’iniziativa dei partiti quella di tanti movimenti e di tanti cittadini che hanno sentito il bisogno di fare qualcosa di più per cambiare lo stato delle cose. Ma soprattutto la battaglia per una nuova legge elettorale da introdurre per via referendaria si può vincere sull’onda dello straordinario successo ottenuto dagli ultimi referendum. Per questo ha fatto bene Riccardo Nencini a schierare il PSI a favore dei referendum proposti da Stefano Passigli insieme a molte personalità della politica e della cultura italiana.
Le ragioni sono semplici: i quesiti referendari coincidono sostanzialmente con le proposte avanzate dai socialisti in tutti questi anni, con la nostra tradizione e la nostra cultura politica. Proponiamo una legge elettorale proporzionale che consenta agli elettori di scegliere i propri rappresentanti con lo strumento semplice della preferenza unica. Abrogando la norma delle liste bloccate ed evitando un Parlamento di “nominati” così come avviene con la legge attuale e così come avveniva prima anche con il “mattarellum”. E proponiamo una legge che ripristini gli equilibri democratici attraverso l’abolizione del premio di maggioranza riconosciuto oggi anche a chi (coalizione o liste che siano) non ha ottenuto il consenso della maggioranza dei votanti.
Un impegno convinto per la raccolta delle firme, a fianco e all’interno dei comitati promotori a livello locale, può rendere i socialisti protagonisti della politica italiana in un momento particolare delle sua vita democratica.
L’impegno dei socialisti in questa avventura può risultare decisivo, quindi straordinariamente utile.
PS: Sulla posizione dei socialisti in materia elettorale si veda l’articolo contro il “Porcellum” pubblicato dall’Avanti della domenica del 24 ottobre scorso. Per partecipare concretamente alla raccolta delle firme del referendum “Riprendiamoci il voto” consulta il sito www.referendumleggeelettorale.it.
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